venerdì 22 aprile 2016

L'insostenibile leggerezza degli isotopi stabili - Prima parte

Le applicazioni delle tecniche di analisi degli isotopi stabili sono diventate, nel corso degli ultimi decenni, un argomento particolarmente “caldo” nel campo della ricerca bioarcheologica. Credo possa, perciò, essere interessante pubblicare una serie di post ad esse dedicati, in modo da illustrarne le potenzialità, evidenziarne le criticità e i punti deboli, chiarire quali informazioni è possibile ottenere dalla loro applicazione e, soprattutto, quali sono alcune delle condizioni necessarie affinché i risultati eventualmente attesi possano essere raggiunti. In questo primo post verranno introdotti alcuni concetti base sugli isotopi stabili e come le caratteristiche di questi ultimi ci aiutino a rispondere ad alcuni frequenti quesiti della ricerca bioarcheologica.

La struttura di un atomo è, per sommi capi, ben nota a tutti noi. Facendo riferimento al modello proposto da Rutherford e poi perfezionato da Niels Bohr ciascun atomo è costituito da un nucleo avente carica positiva e da un certo numero di elettroni ruotanti attorno ad esso e dotati di carica negativa. Un atomo presenta cariche positive – rappresentate dai protoni del nucleo – e negative – gli elettroni – in eguale numero ed è perciò neutro dal punto di vista della carica elettrica.
Il numero di protoni presente nel nucleo caratterizza un determinato elemento ed esprime il cosiddetto Numero Atomico (Z). Ad esempio l'Idrogeno (Z= 1) ha un solo protone (e quindi un solo elettrone), l'Elio (Z=2) ne ha due, l'Ossigeno (Z= 8) ha otto protoni e così via.

 

Nel nucleo, oltre ai protoni, possono essere presenti altre particelle prive di carica, dette neutroni che, ovviamente, con la loro presenza influiscono sulla massa dell'elemento considerato rendendolo più o meno “pesante” quando presenti in minore o maggior numero. La somma di protoni e neutroni presenti nel nucleo si chiama numero di massa (A) e, poiché il numero di neutroni non dipende dal numero dei protoni, possiamo avere elementi che, mantenendo costante Z, hanno valori di A differenti: gli isotopi. Ad esempio l'Ossigeno può avere tre isotopi stabili (vedremo poi cosa vuol dire “stabile”) con valori di A pari a 16, 17 e 18; ciò significa che nel nucleo, oltre agli 8 protoni che caratterizzano l'elemento Ossigeno, sono presenti, rispettivamente, 8, 9 e 10 neutroni. Allo stesso modo il Carbonio, come visibile nella figura qui sotto, ha tre isotopi poiché il suo nucleo può presentarsi formato da 12 (6 protoni + 6 neutroni), 13 (6 protoni + 7 neutroni), e 14 (6 protoni + 8 neutroni) particelle.


Un isotopo si definisce stabile se non si trasforma (trasmuta) in qualcos'altro (isotopo o elemento) ad energia inferiore o, se lo fa, ha un tempo di decadimento talmente lungo da non essere stato misurato sperimentalmente. Il Carbonio 14 è, perciò, un isotopo radioattivo non stabile (il suo tempo di dimezzamento sappiamo essere di soli 5700 anni), mentre Carbonio 13 e Carbonio 12 sono isotopi stabili. Allo stesso modo, i tre isotopi stabili dell'Ossigeno descritti prima (16, 17 e 18) sono accompagnati da un'altra decina di isotopi radioattivi il cui tempo di decadimento è di pochi minuti.
In natura gli elementi che posseggono isotopi stabili sono 21, tra questi vi sono l'Idrogeno (1H e 2H), il Carbonio (12C e 13C), l'Azoto (14N e 15N), l'Ossigeno (16O, 17O e 18O) e lo zolfo (32S, 33S, 34S e 36S). Come è facile intuire il numero che precede, in apice, il simbolo dell'elemento è il numero di massa (A), che come abbiamo detto caratterizza gli isotopi. Dal momento che la massa è un elemento discriminante per il loro riconoscimento, lo strumento che permette di rilevare i diversi isotopi si basa su tale caratteristica; si tratta dello spettrometro di massa, il cui utilizzo è ormai parte integrante delle tecniche analitiche applicate alla bioarcheologia.

Gli isotopi dei diversi elementi sono in grado di fornirci informazioni diverse. Ad esempio gli isotopi dell'Ossigeno ci possono aiutare nella ricostruzione dei climi e degli ambienti del passato, mentre quelli dello Zolfo ci forniscono esclusivamente dati di natura paleonutrizionale, ma avremo modo di tornare in seguito su questo argomento.

Come vi sentite? Certo, non si può negare che l'argomento sia alquanto ostico e, per questo, vi invito a lasciarmi commenti e feedback, segnalandomi soprattutto se siete interessati al tema. In ogni caso continuate a seguire i prossimi post: vi assicuro che, quando saremo arrivati al termine del percorso che ci attende, per voi la bioarcheologia degli isotopi stabili non avrà più segreti.

2 commenti:

  1. Carissimo prof., grazie! Da pochi mesi mi sono affacciato al mondo degli isotopi stabili e sto cercando di prenderci dimestichezza. Mi piacerebbe avere maggiori delucidazioni sulle informazioni di base e magari sul metodo di applicazione in laboratorio! Insomma... bibliografia bene accetta!!! Grazie ancora e attendo nuovo.
    Giuseppe B.

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    1. Grazie a te Giuseppe. Per quanto riguarda la bibliografia posterò i link a quello che è disponibile in rete e fornirò una lista di articoli o volumi utili ad approfondire l'argomento. In bocca al lupo per questo tuo "viaggio" nel mondo degli isotopi stabili.

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