mercoledì 23 aprile 2014

Non è tutto... avorio quel che luccica

Accade spesso, leggendo report di scavo o lavori di vario genere, di imbattersi nella letteratura archeologica in manufatti la cui materia prima è vagamente definita come “osso o avorio” senza giungere ad una più puntuale determinazione, ed è ancora più raro trovare un’identificazione della materia prima dei manufatti che non solo giunga alla definizione dei prodotti ottenuti da denti di animale di media e grossa taglia, ma distingua anche l’avorio ricavato dalle zanne d’elefante (che potremmo definire “vero avorio”) da  quello, ad esempio, ottenuto a partire da incisivi e canini d’ippopotamo (che potremmo definire avorio sensu lato).
Tale distinzione è non solo possibile, ma spesso anche semplice. Messa a punto, in collaborazione con il CITES ed il WWF, per l’identificazione dei manufatti in avorio d’elefante il cui commercio e la cui fabbricazione sono oggi vietati dalle norme internazionali, la tecnica d’esame si basa su semplici osservazioni autoptiche da condursi ad occhio nudo o con l’ausilio di lenti o microscopi a basso ingrandimento ed è totalmente non distruttiva.

Le zanne d’elefante, da cui si ricava l’avorio, sono gli incisivi superiori (a crescita continua) dell’animale che l’evoluzione ha adattato e modellato sulla base di particolari esigenze. Esse hanno, perciò, la stessa composizione di tutti gli altri denti, ovvero smalto, dentina e cemento, tuttavia lo smalto forma solo un sottile cappuccio esterno che viene perduto immediatamente dopo l’eruzione del dente. Per questo motivo, le zanne d’elefante sono interamente formate da dentina, materiale molto più tenero e “modellabile” rispetto al rigido, fragile e duro smalto. La dentina è caratterizzata da tubuli cavi, microcanali che si irradiano dal centro del dente (la cavità pulpare) verso la superficie esterna, il cui diametro oscilla tra 0,8 e 2,2 micron (Espinoza, Mann 1991). Essi hanno perciò diametro molto minore rispetto i canali che caratterizzano la struttura delle ossa (canali haversiani, visibili con un semplice microscopio ottico o lente d'ingrandimento 10x) e necessitano di alti ingrandimenti per poter essere visibili.

Superficie di manufatto in osso al microscopio ottico (20x). Le strutture dei canali haversiani appaiono ben evidenti.


Le sezioni trasversali delle zanne d’elefante mostrano invece una caratteristica unica: le linee di Schreger. Si tratta di strutture variamente definite in letteratura (arabescature, chevrons, ecc.) che formano una sorta di scacchiera curvilinea incrociandosi con angoli ben definiti. Esse sono ben visibili nei pressi della superficie esterna della zanna, mentre si fanno meno evidenti nei pressi della cavità pulpare.

Sezione trasversale di zanna d'elefante. Le visibili strutture a scacchiera curvilinea sono le caratteristiche linee di Schreger, elemento diagnostico per l'identificazione dell'avorio elefantino (avorio sensu stricto).


La presenza delle linee di Schreger su manufatti permette quindi facilmente l’identificazione della materia prima da cui sono stati ricavati.

Frammenti di pettini in avorio provenienti da una necropoli siciliana dell'età del Bronzo con evidenti linee di Schreger.


Incisivi e canini di ippopotamo, al contrario, non presentano le linee di Schreger. La sezione trasversale del dente è caratterizzata, se osservata con una semplice lente a 10 ingrandimenti, da strati di materiale  densamente impilato in livelli concentrici separati da linee sottili.

Sezione trasversale di canino di ippopotamo. Si noti l'andamento concentrico degli strati di dentina


Per le loro dimensioni e per l’elevato spessore della dentina,  i denti di ippopotamo sono stati spesso usati nel mondo antico, e non è raro imbattersi in manufatti fabbricati a partire da tale materia prima.
A tutti coloro che volessero approfondire le tecniche di riconoscimento dell'avorio elefantino e dei suoi sostituti si consiglia la lettura di:

Espinoza E., Mann M., 1992. Identification guide for Ivory and Ivory Substitutes. World Wildlife Fund and Conservation Foundation (Consultabile on-line all'hurl http://www.cites.org/eng/resources/pub/E-Ivory-guide.pdf)

Hornbeck, S., 2010. Ivory: Identification and regulation of a precious material, National Museum of Aftrican Art Conservation Laboratory, Smithsonian, http://africa.si.edu/research/ivory.pdf

Krzyszkowska. O., 1990. Ivory and related materials. An illustrated Guide, Classical Handbook 3, Bulletin Supplement 59, Institute of Classical Studies, London.

1 commento:

  1. Finalmente una chiara e concisa chiave di lettura per l'identificazione degli "avori". A meno che non si possegga uno dei manuali indicati posso assicurare che non c'è modo di ottenere una spiegazione così immediata ...quanti preistoricisti desidererebbero avere a portata di mano un archeozoologo sul campo :)

    RispondiElimina